Addio a Raffaele Friuli, storico contradaiolo di Capo d’Atri, emigrato da giovane in Belgio per lavoro

Addio a Raffaele Friuli, storico contradaiolo di Capo d’Atri, emigrato da giovane in Belgio per lavoro

Improvvisamente ha concluso la giornata terrena, Raffaele Friuli, storico contradaiolo di Capo d’Atri. Si era recato a Città S. Angelo per un controllo, e invece, è arrivato il doloroso verdetto. Ha contribuito, insieme ai vicini, ad abbellire Via Picena, ribattezzata Rue des Artistes et des Fleurs.

Nato nel 1949, da Luigi e Concetta Iezzoni, aveva due fratelli, Antonio e Francesco (battezzato con il nome del nonno paterno) e una sorella, Maria, tutti nati nel clima della IIa guerra mondiale. Dopo gli studi ad Atri, Raffaele si è incamminato per il mondo, per lavorare, sulle orme di papà Luigi, emigrato come tanti atriani, in Belgio, dove la cattiva aria respirata nel ventre della terra, lo ha portato alla morte, a 69 anni.

Uno zio di Raffaele, Riziero Bonomo, anche lui di Capo d’Atri, disinnescò le mine da una parte di Atri, il 13 giugno 1944, quando la cittadina, per intercessione di S. Antonio di Padova, fu salvata dalla guerra. Riziero, presente fino alla fine della lunga vita a Capo d’Atri, aveva appreso la pratica di togliere le mine, durante il servizio di leva. Raffaele ricordava benissimo quest’episodio, ma molti atriani lo avevano dimenticato.

Per vari anni, Raffaele ha lavorato nell’industria dei fiori a Sanremo. Si affezionò al Ponente, dove ogni tanto tornava, con la capatina a Montecarlo. Il balcone fiorito della sua casa, passaggio obbligato per i turisti che dal centro storico si recano al Santuario Diocesano di S. Rita e alla Rocca Capo d’Atri, è imago brevis della parentesi ligure. Anche le case degli amici avevano il segno del talento di Raffaele, discreto, educato e poliedrico.

La seconda giovinezza di Raffaele si chiama Marocco. A Marrakech si recava ogni tanto, e dal Paese nordafricano riportava abiti, calzature e monili. Talvolta indossava qualche vestito del Marocco. Sorella morte l’ha colto proprio durante la Tredicina di S. Antonio, il Santo portoghese la cui vocazione francescana maturò dopo la visione delle salme uccise dagli islamici in Marocco. Raffaele non era uomo particolarmente di chiesa, ma attento al fenomeno religioso, da persona appassionata delle belle cose del mondo. I Paesi d’oltremare avevano suscitato in lui la passione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso.

Per alcune edizioni è stato protagonista, con l’organizzazione dell’amica Sonia Muscianese Claudiani, di “Fondaci aperti” e il quartier generale di Raffaele era all’angolo tra Vico Lauro e Vico Frangipane. Alter ego, a pochi metri dalla casa, un altro giramondo atriano, Oreste De Gabrielis, vissuto tanti anni in Canada. L’esposizione di Raffaele riguardava naturalmente il Marocco ed era una piacevole sosta, dopo la visita ai monumenti atriani e alla mostra di turno alle Scuderie Ducali.

Aveva lavorato in ospedale e i colleghi lo ricordano con particolare affetto. Potevi incontrarlo a Via Picena o lungo il Belvedere “Domenico Martella”, dove era parcheggiato il suo fuoristrada verde. Aveva spesso la sigaretta in bocca, e vestiva abbigliamento sportivo. Ci mancherà tantissimo Raffaele, ancora giovane e pieno di idee, dal cuore grande, dalla simpatia incontenibile.

SANTINO VERNA.

Lavocedelcerrano

Direttore Responsabile e Fondatore del Giornale " la Voce del Cerrano"

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