Atri, il Comune ripropone all’asta l’ex mercato coperto di viale Risorgimento

Dopo il flop dell’asta pubblica bandita alcuni mesi fa dal Comune di Atri allo scopo di incamerare liquidità nelle magre casse, senza alcuna fortuna in quanto andata deserta, l’Ente torna all’attacco mettendo sul mercato immobiliare, piuttosto gravato da una situazione critica con molta offerta e pochissima domanda, alcuni lotti facenti parte dell’ex mercato coperto di viale Risorgimento, a due pasi dall’ospedale San Liberatore. L’asta in parola, pubblicata sul sito del Comune alcuni giorni fa, ha diviso in cinque lotti il fabbricato, all’interno del quale si trovano altrettante attività commerciali attive e che, secondo un vecchio contratto di locazione, mai adeguato nonostante gli avvicendamenti delle varie maggioranze politiche, pagano pochissimi soldi all’affittuario. Secondo una perizia dell’ufficio tecnico di Palazzo Acquaviva, il fabbricato, di non recente costruzione è stato realizzato con struttura portante in conglomerato cementizio armato , tramezzature in laterizio, solai interpiano e di copertura in laterocemento e cemento armato. Gli impianti sono da revisionare, si legge nella perizia, e il manufatto risulta sprovvisto di attestato di prestazione energetica. Un immobile dunque che necessita di molti lavori, come ad esempio la copertura che, stando alla relazione tecnica, “è insufficiente”. Nel documento stilato dal tecnico emerge che “ l’immobile risulta condotto senza soluzione di continuità a partire dal 25 Maggio 1987 e il canone, relativo all’anno 2018 e di appena 4.342,70 euro, diviso cinque attività commerciali che attualmente vi si trovano. A leggere la perizia, secondo l’osservatorio del Mercato Immobiliare, per gli immobili adibiti ad attività commerciali in tale zona, il valore al metro quadrato lordo, è compreso tra un minimo di 800 euro al metro quadro e un massimo di 1600 euro al metro quadro. Il bando prevede un importo minimo per ogni superficie dei negozi posti all’interno, che vanno da 61 mila euro , per quello di 82 mq a 26 mila euro circa per quello di 35 mq. Il più oneroso economicamente parlando, prevede un esborso di circa 80 mila euro per la superfice commerciale di 256 metri quadrati. Il termine ultimo per poter partecipare all’asta è fissata per il prossimo 15 Aprile entro le ore 12.00. . Il patrimonio immobiliare della città Ducale è molto vasto ma gli introiti che ne derivano dalle locazioni sono tutt’altro che commerciali. Le informazioni che troviamo sul sito del comune di Atri sono generiche e poco chiare, e ferme al 2016. Partiamo da un locale commerciale sito in Corso Elio Adriano, non specificato né col numero civico né con altra indicazione facilmente identificativa. Presumiamo si tratti di un bar, ma questo è solo per deduzione. Il locale in parola, paga un canone annuo alle casse del comune pari a 3846,36 che diviso per 12 mesi corrisponde a 320 euro al mese. Modica cifra che non corrisponde al valore del bene e ai costi sostenuti da altre attività pagate ai privati nella stessa zona. Spostandoci poco più avanti, in piazza Duomo, scopriamo che un altro bar, presumibilmente quello del Teatro, ora chiuso, pagava circa 18 mila euro l’anno, molto di più rispetto a quello di Corso Elio Adriano . Anche per Poste Italiane, azienda quotata in borsa e in mano ai privati, l’Ente ha un occhio di riguardo. Per gli uffici di Fontanelle e Casoli, Poste Italiane paga 4562 euro l’anno, meno di 400 euro al mese per due sedi. Un po’ poco visto che non è più un ente pubblico ma un impresa nel vero senso della parola che ha come obiettivo non il servizio ma il profitto. Stessa cosa per le compagnie telefoniche, che hanno scelto Atri per la sua posizione strategica che domina la costa adriatica, per piazzare le antenne dei cellulari in diversi punti della città. Tim, Vodafone e altri esborsano 28 mila euro l’anno per le 4 postazioni di Colle Maralto, dietro il cimitero, e 20 mila per la centrale posizione della torre del Comune. Totale 48 mila euro annui per i giganti della telefonia che hanno utili impressionanti e che potrebbero pagare molto di più, anche in ragione dei rischi connessi alla salute della gente. Dalle abitazioni private le casse del comune prendono ancora meno, nonostante siano in pieno centro e in posizioni di tutto rispetto. Nella palazzina di Via Umberto I , a ridosso della villa comunale, il canone per gli occupanti non supera i mille euro l’anno, con un picco, si fa per dire, di 1200 , meno di 100 euro al mese. Un privilegio le cui ragioni sono sconosciute visto che una volta, tale abitazioni, erano riservate solo ai dipendenti del comune. Canoni vecchi e che nessuno ha avuto il coraggio politico di adeguare almeno a quanto paga una famiglia monoreddito. Diciannovemila euro l’anno è quello che paga l’agenzia delle entrate per i locali di via Odazi, quindicimila la Prefettura per la Caserma dei Carabinieri di viale Risorgimento e trentamila il ministero della Pubblica Istruzione per la scuola di via Finocchi.