Atri, una storia d’amore lunga mezzo secolo. Mogli e marito in cielo a San Valentino

Atri, una storia d’amore lunga mezzo secolo. Mogli e marito in cielo a San Valentino

Una coppia affiatata, perfetta, sincronizzata sino alla morte: quella che li ha portati via entrambi, a poche ore uno dall’altro, senza che la narrazione giornalistica raccontasse un decesso avvenuto per un incidente stradale o, peggio ancora, per una tragedia consumata tra le mura domestiche, come si legge spesso in cronaca. No, l’addio alla terra Lilli e Bruno l’hanno data con una tempistica ordita in cuor loro ma senza sapere chi, prima tra essi, avrebbe lasciato a l’altro l’ingrato compito: fare da battistrada.  Il destino ha scelto Bruno, ottantacinquenne all’anagrafe, persona garbata, colta, gentile, affabile, un passato come dirigente alla guida degli uffici amministrativi del San Liberatore di Atri, quando nella sede ducale c’era la USL (unità sanitaria locale) E’ stato lui ad andarsene via prima, a causa di una pregressa condizione di salute compromessa prima dall’infarto e dopo dalla cecità, entrambi nella fase di quiescenza, quando con la consorte, Lilli, avrebbe voluto ripercorrere la strada dell’amore a prima vista che li vidi convolare a nozze.  I due si conobbero in un’estate degli anni 70 sulla riva del mare di Pineto, approdo della popolazione atriana nelle calde giornate afose. Bruno ebbe modo di conoscere una donna attraente e dolce, bella ed elegante: Lilli Sheye Schou, di Copenaghen, alta quanto lui, 1,75, il cui sguardo rimase nella testa e nel cuore di Bruno Pavone, tanto da sposarla in fretta. Dall’unione nacquero due figli, Gianni e Piero, accuditi e educati da una famiglia perbene il cui lascito è senz’altro il patrimonio più prezioso che oggi hanno: l’amore. Immenso, senza risparmiarsi mai per entrambi i figli, con sacrifici e rinunce pur di consegnare a loro un avvenire, un futuro. La dipartita di Bruno Pavone, avvenuta all’alba del 13 Febbraio scorso, dopo il trasporto in ospedale il giorno precedente, era stata comunicata dal personale medico del nosocomio atriano al figlio convivente, Gianni, il quale si era rivolto alla mamma che, apparentemente era nel pieno del sonno. Un torpore che nascondeva il suo abbraccio al consorte e che il figlio non poteva minimamente immaginare, attese le buone condizioni di salute in cui versava la donna. Gianni si avvicina al corpo della mamma per comunicarle la triste notizia e lei non risponde. Il suo viso è sereno e le sue braccia sono appoggiate sul cuscino nel quale Bruno appoggiava la testa all’atto di coricarsi. Gianni non capisce ma in un attimo intuisce: mamma non c’è più. Resta sconvolto e il suo sguardo all’improvviso si ferma sulle foto dei genitori poste sul comodino. Tra queste c’è quella che li vede seduti uno accanto all’altro, sorridenti e sulle ginocchia i pargoli, il miglior ricordo per quel figlio che rimane sospeso e senza parole per l’accaduto. Tutto in poco tempo, all’improvviso, senza avere il tempo di capire, riflettere, pensare. La sorte ha voluto che fosse il 14 Febbraio, festa di San Valentino il giorno del funerale, svoltosi in una giornata fredda e ricoperta dalla coltre bianca, all’interno della Cattedrale dove, in molti, hanno salutato per l’ultima volta la coppia. Un saluto pieno di affetto e stima da parte di amici e conoscenti per chi, come loro, ha lasciato un messaggio di speranza: si può morire d’amore, senza fine.

Lavocedelcerrano

Direttore Responsabile e Fondatore del Giornale " la Voce del Cerrano"

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