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Coronavirus, il racconto di una donna che ha salvato la vita a molti malati che piangevano al telefono . Intervista a Floriana Pisciella

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Ci sono volti e storie di persone che dietro le quinte hanno lavorato nel corso della pandemia e che non hanno avuto una “vetrina” in fatto di visibilità. Medici anche loro, seppure non in una corsia di ospedale come molti colleghi, ma che hanno avuto un ruolo determinante nel tentare di debellare e contrastare il virus. Come nel caso di  Floriana Pisciella, laureata in Medicina e Chirurgia dal 2004 presso l’Università G. D’Annunzio di Chieti, specialista in Igiene e Medicina Preventiva. Da novembre 2017 è dirigente medico di Igiene e Sanità Pubblica presso Asl di Teramo: nel primo periodo ho lavorato nella sede centrale di Teramo a contrada Casalena e nei distretti di Roseto ed Atri. Dal primo febbraio 2019 lavoro stabilmente nel Distretto Sanitario di Atri e i miei territori di competenza sono Atri, Silvi, Pineto e tutta la zona della Valfino (Castiglione M. R., Montefino, Castilenti, Arsita, Bisenti) Cellino e Cermignano. Si occupa principalmente di prevenzione attraverso il servizio vaccinazioni, profilassi e gestione delle malattie infettive ma anche igiene ambientale e medicina necroscopica.

Dottoressa Pisciella come è stato il primo impatto con il virus quando è scoppiata ldemia?

Il coronavirus è entrato in punta di piedi nella mia attività lavorativa: era la fine di gennaio quando tra notizie, decreti, riunioni e confronti si è iniziato a parlare di questo virus ma sicuramente non avevo la consapevolezza di quello che si sarebbe scatenato di lì a poco. A fine febbraio la notizia ufficiale del primo caso positivo riguardante la Asl di Teramo: questo è’ stato il punto di partenza di un nuovo lavoro, di una nuova esperienza che rimarrà indelebile nei miei ricordi. Il mio compito, una volta confermata ufficialmente la positività di un paziente, era quello di tracciare tutti gli spostamenti e tutti i contatti del paziente stesso, dare le informazioni adeguate ai familiari, spiegare tutto ciò che prevedeva la quarantena e l’isolamento domiciliare, programmare eventuali tamponi e seguire le persone durante questo periodo fino ad accompagnarle alla fine della sorveglianza sanitaria e al ritorno alla libertà e ad una vita normale. Tutto era nuovo anche per me, c’erano continui aggiornamenti e quando parlavo con le persone mi venivano posti mille quesiti e dubbi ai quali spesso non avevo una risposta certa da dare; naturalmente cercavo di dare il massimo delle spiegazioni possibili e soprattutto cercavo di trasmettere un po’ di calma e tranquillità ai miei interlocutori.

Come ha gestito i rapporti con le persone che temevano di essere affette dal Covid19?

Io, a differenza dei medici ospedalieri, non ho avuto un contatto diretto con le persone ma il mio lavoro si svolgeva prevalentemente attraverso il telefono: nonostante la distanza però io riuscivo ad immaginare i volti e le espressioni delle gente, li ho sentiti piangere e percepivo un forte senso di smarrimento e di grande preoccupazione; ho passato tre mesi delle mia vita a rispondere continuamente al telefono sia al lavoro sia quando rientravo nella mia casa perché i problemi erano tanti e continui, la gente in preda al panico chiamava per avere consigli su quali farmaci prendere, come comportarsi all’interno della famiglia, per sapere se una volta contratta questa malattia si diventasse immuni.

Da quale zona provenivano le maggiori richieste di assistenza ?

I miei primi casi hanno riguardato la zona della Valfino che sicuramente è stato il territorio che ha pagato il prezzo più alto di questa pandemia: ogni giorno il bollettino dei nuovi positivi era un campo di battaglia, con intere famiglie che risultavano positive al Covid-19 e che quindi erano costrette a rimanere in isolamento anche per tempi piuttosto lunghi. Poi sono iniziati i primi casi anche ad Atri e qui l’impatto emotivo per me è stato molto più forte: ho cercato di accontentare nel migliore dei modi tutti anche se sicuramente ci sono stati delle difficoltà dettate dall’imprevedibilità della situazione e dal carico notevole di lavoro che ci si è presentato davanti all’improvviso.

Lei si è occupata anche dei tamponi e come è stato l’approccio con i sospetti casi di contagio? Oltre alle brutte notizie e ai momenti drammatici  ci sono stati anche tanti momenti di gioia e gratificazione: sempre attraverso il telefono si percepiva una contentezza e un senso di liberazione quando comunicavo ai pazienti che i tamponi erano negativi e che il loro calvario era finito. Ho avuto tanti riconoscimenti di gratitudine tramite parole, messaggi, gesti che hanno permesso di alleggerire il clima teso e pesante che ho vissuto in questo periodo. Preziosa è stata anche la collaborazione con i sindaci, le forze dell’ordine, la protezione civile, tutto il personale sanitario, medici di famiglia e medici ospedalieri con i quali spesso mi sono confrontata per studiare e trattare al meglio ogni singola situazione. Grande aiuto e supporto mi è stato dato dalle mie collaboratrici, la dottoressa Di Carlo, Cristina, Gloria e Claudia che mi hanno sopportato e supportato in ogni modo e con le quali abbiamo formato un gruppo forte e solido con un solo obiettivo: cercare di alleviare per quanto possibile la sofferenza delle persone. Un ringraziamento è dovuto anche al Direttore del Servizio Igiene e Sanità Pubblica della Asl di Teramo, Dott. Antonio Santone, ai dirigenti medici e a tutti gli altri collaboratori perché insieme abbiamo cercato di gestire al meglio le criticità create da questo piccolissimo virus che è riuscito a portare scompiglio in tutto il mondo.

Che ricordo ha di questa esperienza così drammatica e unica allo stesso tempo?

Di certo la mia avventura con il Coronavirus non termina qui! Tutto quello che ho fatto, visto e sentito in questo periodo sarà un bagaglio ricco di emozioni contrastanti che porterò sempre con me. All’inizio anche io avevo molta paura, molti dubbi ma con il passare del tempo questa esperienza mi ha reso più forte e mi ha fatto credere che tutti insieme riusciremo a vincere questa battaglia grazie al grande spirito di solidarietà, altruismo e correttezza del popolo atriano e di tutto il popolo italiano.

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